martedì, novembre 13

Il camion


Poi arriva quel camion, e tu non puoi farci nulla. E' lì, ti guarda, ha due occhi, luminosi. Ti acceca, ed è lì, si avvicina. A te rimane sempre meno tempo, sempre meno, ancora meno. Ancora. Secondo dopo secondo, e tu sei lì, nel deserto, con questo grosso mostro diretto nella tua direzione. E qualcosa ti dice che non potresti essere in nessun altro posto, e non credi di poter spostarti. Credi di non averne le forze, non ce le hai. Non le senti. Eppure c'è il deserto. Eppure il camion è solo. Nessuno è dentro. Difficilmente ti seguirebbe. E' quasi come se ti dicesse, ehi spostati ti sto venendo addosso. Conviene che ti sposti. Ma niente, non puoi farcela. Stai lì, immobile, incantato da quei fari. Come se fossero l'unica cosa reale, l'unica cosa degna di esser conosciuta. Del resto sei nel deserto. Non vedi nulla o forse non lo vuoi vedere. Di sicuro c'è solo il camion, almeno per te. E passano i secondi, e mangia i metri. La polvere si alza. Puoi iniziare a sentire il suono, il ruggito che ti viene incontro. Non è bello, ma beh non è neanche brutto. Poi ci pensi, magari mi sposto, ma poi? Poi c'è il deserto bello. E cosa ci faccio io solo, nel deserto? Forse è meglio il camion, di sicuro è la cosa più facile. E quindi il dubbio, potresti salvarti, potresti scansarti ma non vuoi farlo. E intanto è vicino. Ora puoi sentirne il passo sulla sabbia, le ruote che alzano terra e piante e caldo, nella polvere della terra arida. E' un momento. E' lì, davanti a te, tre metri. Ce l'hai addosso. Ormai non puoi più scegliere quel che potevi scegliere. Due metri. Sei fregato amico. Uno.