mercoledì, febbraio 27

Le palle di dio (prima parte)

Qualche volta mi fermo a riflettere. Ora son proprio costretto a star fermo a riflettere. Sei giorni di quarantena in casa in fondo. O rifletti, o ti fai le pippe, che in fondo è anche un po' la stessa cosa. Però non so, non mi piace più tanto, riflettere. Ci ho perso un po' il gusto. Credo sia per questo che scrivo peggio. In fondo qualcuno diceva che solo chi ha l'anima tormentata può scrivere, solo chi si sente solo come un cane, e totalmente incompreso, può scrivere per cercare di capirci qualche cosa. E se uno poi si sente compreso? O se poi uno non ha più bisogno di sentirsi compreso perché capisce che non c'è proprio nulla da comprendere? Allora che succede? Magari che non scrive più, o non bene quanto prima. E io vorrei che la mia anima si dileguasse in righe sciolte, e spaventasse sé stessa con pensieri che non ha mai osato spiare, ma ormai le dita son più lente del cervello. E il cervello riesce a controllare ogni passo che fanno, ogni tasto che premono, prima che lo premano. Credo che attui una forma di censura inconsapevole. Non mi sento liberato, non mi sento vivo, ci ho perso un po' il gusto. Credo il cervello sia riuscito a portarsi avanti. Ma forse son solo i parassiti. Di notte faccio questi sogni abnormi e angosciosi e strani e inquieti. Credo siano i parassiti. Tutto il giorno o vado di tachipirina o mi scoppia la testa. Che volete che faccia. Ora faccio un esperimento. Qui insieme a voi. Ora bevo e bevo, finché non divento un po' brillo. E poi scrivo. E poi scrivo. E spero che il cervello non riesca più a starci dietro alle dita, che sennò l'anima non può andarsene dove vuole, che quello ha paura. A volte non mi piace stare bene, sembra quasi che non ci hai un cazzo da dire di serio, di decente, di umano. Quando stai male per lo meno sei pieno di tormenti, e puoi quasi far finta di essere qualcuno che conta. O almeno tu ci credi in quel momento, perché un coglione qualunque dovrebbe poter soffrire in quel modo. Giusto? Solo una persona sensibile come me soffre così. Gli altri non capiscono. Gli altri sono stupidi, o cattivi. Tu pure ci credi, a sta gran cagata. E ti senti importante. E sì, in fondo non è così difficile come sembra, star male, non devi fare un cazzo, devi stare lì, e stare male. E' più difficile stare bene. Per stare bene non basta stare fermi. La tua anima lo sa che non stai bene, e ti dice 'dai fai questo, dai vai lì, dai buttati qua'. 'Secondo me dovresti provarci'. Tu però a volte non te la senti, dici, no questo, no quello, no no meglio di no, non puoi permetterti di essere felice, in fondo non pensi di meritartelo. No, in fondo in fondo lo sai che non te lo meriti. Quindi immagini di sbagliare, e che in fondo non val la pena di provare cose in cui non riusciresti, è meglio stare fermo e soffrire. E pensare ci siano stati davvero dei motivi più grandi di te a bloccarti e a frenarti. Tua madre, tuo padre, i tuoi amici, l'educazione, l'ambiente, la chiesa, la scuola, quello stronzo, quella puttana, la tua prima ragazzetta, il tuo primo bacio, la tua unica amata, quella volta che lo sconosciuto ti ha insultato, quella volta che ti hanno rubato il portafoglio, la società, la gente, le regole, l'italia, il paese, il mondo, l'uomo, l'occidente, l'alcol, le amicizie sbagliate, quelle giuste. Tutto è più importante di te, e tu puoi stare lì fermo, ad accusare gli altri, brutti stronzi, e a non fare un cazzo, e a soffrire facilmente. E' la tua realtà, ed è comoda, è comodissima. E io non ho nulla contro questa realtà, figurati. Però